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febbraio 2018 IL LOCALE DEL MESE
“Prima gli suoceri Mauro, genitori di Giobatta (per tutti Tite), aiutati dai loro vecchi
genitori a gestire l’osteria, bellissima, antica ma vivace e viva per via del grande
fogolâr con la cappa a cipolla al centro della camera. Lavoravo già con Giobatta,
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in famiglia.”
Debbo raccontare come mai nutro tanto affetto nei confronti di Santina.
La prima volta che la incontrai in osteria era al fogolâr ad
arrostire delle trote, le prenotavano ben volentieri soprattutto
i tedeschi. La fronte le gocciolava, era rossa in viso per il
caldo delle braci.
Ero in osteria portato da Isi Benini per una riunione redazionale
della rivista 0S =PUV.
Non sempre, ma capitavano volentieri anche Mario Soldati,
Gianni Brera, Luigi Veronelli, Gaetano Perusini, Tullio De
Rosa, Giuseppe Zigaina, Renzo Valente, Lella Au Fiore,
Giorgio Mistretta, Giovanni Vicentini, Vincenzo Buonassisi,
Sergio Saviane e tanti altri bravi giornalisti, collaboratori
insigni per raccontare sulla carta il mondo della tavola e del
vino friulano, così i grandi distillati.
Quella volta Giobatta arrivò con un capiente contenitore
proponendoci il risotto. Sapevano prepararlo condito,
all’inizio, con i fegatini di pollo (oggi bisognerebbe ordinarli
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portata di carne, sempre arrostita sulle braci del fogolâr.
Torniamo alle trote quando, idea di Santina, ne procurava 10-
15 alla volta per averle fresche, vive, acquistate dal vivaio
di Osoppo, portate da Rochet con il taxi (nessuno in paese
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“Pensai, facciamo un buco, abbiamo l’acqua nel cortile…
così fu, appoggiata da mio suocero che la buca la trasformò
in grande vasca, per contenere centinaia di pesci.” La vasca
c’è ancora in giardino, bella, mantenuta pulita nel rispetto
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“All’inizio dell’allevamento, chiamiamolo così, le cucinava
mia suocera Romana alla livornese, non cotte alla brace ma
col sughetto e la polenta. Conosciuto il piatto, molti clienti
telefonavano per prenotarle. Dopo la Guerra, era piatto di
moda, ne cucinavamo a quintali, pescate vive dal vascone
in giardino.
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