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La Palacinca

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by Davide Zitter
La Palacinca
Photo by Philippe Murray-Pietsch / Unsplash

Un piatto che accomuna i popoli della mitteleuropa

di Stefano Cosma

Siamo nel mese di Friuli Doc, di Gusti di Frontiera e, a inizio ottobre, anche Pordenone ArtandFood ospiterà i sapori di Austria e Croazia. Così ho pensato ad una pietanza semplice ed antica, diffusa in tutta la Mitteleuropa, di cui avevo già scritto più di vent’anni fa: può avere un ripieno dolce o salato, può essere servita arrotolata o piegata in quattro, ma con essa si possono fare anche torte e pasticci. È un contenitore che si presta a soddisfare tutti i gusti e che si può mangiare con le mani o con le posate. Parto dall’antica Contea di Gorizia, il cui vasto territorio abbracciava paesi di lingua friulana (il Friuli austriaco), slovena e tedesca, oltre che ovviamente italiana. Questa particolare posizione culturale, ma anche geografica – fra il mare e le Alpi, fra la Serenissima e il Ducato di Carniola (l’attuale Slovenia) – ha contribuito a uno sviluppo, pure sul piano delle tradizioni gastronomiche, piuttosto singolare, caratterizzato dalla presenza di piatti e specialità provenienti dal Veneto, dalla Slovenia, dalla Carinzia, ma anche dall’Ungheria e dalla penisola balcanica, senza sottovalutare la breve presenza francese. La palacinca – usando la grafia del dialetto triestino – crespella dolce, ma anche salata, sempre presente nei menu del Carso e del Collio, e nelle vicine cucine slovena e austriaca, è emblematica per la sua origine, che si perde nella notte dei tempi, e la sua evoluzione e diffusione. Le prime notizie certe su questo dolce ci giungono da iscrizioni romane risalenti al III secolo a.C., all’epoca in cui l’eco della bontà di questo cibo raggiunse il Lazio in seguito alle campagne di guerra che portarono alla conquista dell’Illiria e della Grecia, dove veniva già confezionata una particolare focaccia. La civiltà ellenica conosceva, infatti, le proprietà nutritive di questa specialità, estremamente diffusa dalla penisola balcanica sino all’altopiano sarmatico, ovvero, in tutto quel mondo che noi oggi identifichiamo come abitato dalle popolazioni slave. Proprio qui pare esser nato questo semplice impasto di latte, uova, farina e grasso animale (a cui oggi si sostituisce il burro) cotto su piastre roventi. Un procedimento attraverso il quale le donne cuocevano in breve tempo una sorta di frittellone ovale da infarcire con miele e ripiegare in quattro parti. Dal greco antico (plakous, plakounta), il vocabolo viene ripreso dal latino placenta che pure indicava una focaccia dolce, fatta con la farina di farro, tant’è che placentarius era il pasticcere. Il termine, oltre a rimanere anche nell’italiano antico, viene esportato nelle province dell’Impero romano ed entra a far parte della lingua romena dove ancora oggi si chiama placînta, che è una sfogliata al formaggio o ai funghi, alla zucca o alle mele. Fino alla Prima guerra mondiale gran parte dell’attuale Romania faceva parte del Regno d’Ungheria, perciò anche nella cucina magiara si trova da secoli la palacsinta, una crêpe che si mangia ripiena con cioccolato o marmellata. Ma ne esistono anche di salate, ripiene di prosciutto, funghi, formaggio bianco. Si deve proprio agli ungheresi, i cui domini comprendevano pure regioni oggi in Slovacchia, Austria, Croazia e Serbia, la diffusione nell’Impero degli Asburgo di molti piatti, come il gulasch, e le palacinche assunsero la grafia palačinka nelle lingue slave e palatschinke in Austria. Così la palacinca entra nella terminologia e nella cucina veneto-dalmatica (con la marmellata di ciliegie marasche), triestina e goriziana, come pure nel dialetto friulano di Buia, radicandosi nelle tradizioni culinarie nostrane. Nelle vicine gostilne slovene se ne trovano con il cioccolato, con la marmellata e con le noci, oppure di riso, col formaggio e con la panna; nella cucina ungherese le palacsinta salate vengono farcite anche con il prosciutto e con i funghi, famose fra queste la Hortobagy palacsinta e la Gundel palacsinta, fra quelle dolci. Nelle regioni danubiane esiste persino il pasticcio di palacinche a strati con verdure e la torta di palacinche. Quindi ogni tradizione locale, dall’Europa Centro-orientale a quella balcanica, ha inventato una nuova ricetta e nelle prossime manifestazioni avrete l’occasione per scoprirne alcune. Oltre a quelle classiche, negli anni ho assaggiato la Brkinska palačinka (con marmellata di prugne) di origine istriana, una palacinca ripiena di marmellata di ciliege fatta in casa, e una al radicchio trevigiano. Non meno deliziose quelle proposte da altri chef della vicina Slovenia, come anche le palacinche con marmellata zaratina di ciliegie marasche, di cui mi parlò Ottavio Missoni! Quando vado a pranzo o a cena nei ristoranti della regione trovo le palačinke fra i dessert che, pur non essendo molto diverse dalle crêpes, evocano quel ricordo di un cibo semplice ma atavico, che attira il consumatore e lo nutre del suo territorio. Dalle antiche popolazioni protoslave, che l’hanno creata, attraverso i Greci e i Romani che l’hanno battezzata e diffusa in tutto il mondo allora conosciuto, la fama della palacinca si è conservata, è stata riscoperta, rielaborata e ora, nelle “vecchie province” crocevia di genti e di tradizioni, torna ad essere valorizzata e celebrata come un piatto farcito di gusti e sapori, che uniscono i popoli di questa parte della vecchia Europa.

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da Davide Zitter

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