Miele di Marasca del Carso
di Isabella Franco
Il Carso è, per definizione, una terra avara, aspra, ostica. È spesso una sfida coltivare e produrre su questa terra rossa, fatta di strati argillosi che coprono anche di pochi centimetri il terreno calcareo sottostante. Per questo gli agricoltori qui sono definiti “eroici”, ancor più quelli che, nonostante le difficoltà, riescono a trarre dalla terra prodotti eccezionali alcuni dei quali si sono guadagnati il Presidio Slow Food. Come il prestigioso miele di marasca (rešelikov med in sloveno), che si ottiene dal nettare dei fiori di ciliegio canino (Prunus mahaleb), conosciuto anche come ciliegio di Santa Lucia, varietà che cresce spontaneamente sui substrati carbonatici della landa carsica, che si configura come un habitat di transizione tra diverse aree geografiche. Nonostante le difficoltà, ogni piccolo appezzamento di terreno carsico arabile è stato sempre sfruttato per quello che poteva offrire e, i suoi margini, ai primi tepori della bella stagione, sono caratterizzati proprio da questi coreografi ci ciliegi selvatici. L’arbusto del ciliegio canino, che predilige esposizione soleggiata, terreni calcarei e privi di ristagno, in primavera regala infatti una splendida e massiccia fioritura bianca, visitata dalle api che ne ricavano appunto un miele monofloreale molto pregiato, anche se spesso può mescolarsi a quello di Acer e altri Prunus a fioritura più precoce o a quello di Robinia pseudoacacia a fioritura più tardiva. La marasca è la gemma dei mieli del Carso e come tutte le gemme è rara: infatti, sono poche le annate in cui si riesce a produrlo in quantità soddisfacente. Il miele di marasca deve la sua tipicità al gusto particolare (amarognolo con aroma di mandorle), allo stato fisico (liquido) e al colore (rossastro). I frutti sono drupe globose di colore rosso scuro o nero, lucide, con polpa dolce, la cui maturazione si compie entro giugno-luglio. Le api sono allevate in alveari razionali a sviluppo verticale e a favo mobile. Il miele che se ne ottiene è uno dei primi della stagione e si presenta di colore ambrato con riflessi rossastri, l’aroma è delicato e il sapore amarognolo che ricorda quello delle mandorle. Tuttavia, la fioritura del ciliegio cambia in base alla distanza dalla costa, più precoce quanto più si accorcia la distanza dal mare: dura 7-10 giorni. Nell’entroterra, dove la bora sferza gli arbusti e le temperature sono rigide più a lungo, i fiori sbocciano invece a fine aprile e questo permette ai produttori di spostare le arnie di filare in filare. Sul Carso tra Trieste e Gorizia non sono in molti a produrre il miele di marasca, tra questi, gli apicoltori Settimi & Ziani, l’agronomo Aleš Pernarčič di Farma Jakne a San Giovanni del Timavo (Duino Aurisina) che ha imparato l’arte dal padre adottivo David Peric e dal nonno, e Casa dei Sapori di Sara Devetak a San Michele del Carso (Savogna d’Isonzo). Sui banchi delle gastronomie, anche le più fornite, a oggi non è facile trovare il miele di marasca perché – spiega Fausto Settimi che si occupa con soddisfazione della produzione di diversi tipi di miele (molti dei quali premiati) con la moglie Maria Ziani e i fi gli – «è molto poco quello che si riesce a produrne. Del resto – aggiunge – in quarant’anni di apicoltura, mai un anno è stato così avaro come il passato. Tutta colpa del cambiamento climatico. La situazione – spiega – era ampiamente prevedibile e l’ape si confi gura come una sentinella dell’ambiente. Le stagioni si sono spostate: sono in anticipo come lo scorso anno o in ritardo. L’acacia, ad esempio, è stata in anticipo di 26-27 giorni, poi ha piovuto molto e il raccolto è stato quasi nullo. Abbiamo dovuto dare da mangiare alle api. Noi, come ovunque». Il palmarès dell’azienda Settimi&Ziani per il miele di marasca è di tutto rispetto: nel 2005 il miele di marasca dell’Azienda Settimi e Ziani viene dichiarato miglior miele d’Italia in assoluto al Concorso Nazionale di Montalcino e si classifi ca “primo tra i 12 migliori mieli italiani” al Concorso Grandi Mieli d’Italia “Giulio Piana”, oltre al primo posto al Concorso di Sesana (Sežana) in Slovenia. Nel 2009, 2012, 2013 il miele di marasca riceve l’oro sempre al Concorso di Sesana. Nel 2017-18 vince il premio nazionale “Città del Miele” a Montalcino, quale miele più rappresentativo dell’identità che lo lega al suo territorio d’origine. «Purtroppo – aggiunge pessimista – non dobbiamo spettarci nulla di meglio. Memore del 2003, quando fece un gran caldo durato più di tre mesi, si perse per negligenza l’80 per cento delle api. Nel 2024 a causa dell’anticipo delle fioriture, in un momento in cui le api devono riabituarsi alla bottinatura dopo la pausa invernale e non sono ancora pronte a nutrirsi, ho dovuto dar loro da mangiare quasi una tonnellata tra sciroppo e pasta zuccherina, perché non c’erano riserve per andare avanti. Va doverosamente ringraziata la Regione FVG che ha dato un contributo agli apicoltori con azienda per mancato guadagno. La tendenza è stata confermata anche recentemente al convegno di Udine degli apicoltori. Siamo in attesa speranzosa del prossimo anno, anche se negli ultimi quindici anni si è salvato solo il 2018». Il miele di marasca – spiegano gli apicoltori – è pregiato perché ha una storia molto lunga, se ne produce pochissimo e ha una lavorazione molto particolare. Da sempre viene prodotto sul Carso, anche se un tempo veniva mescolato con altri tipi di miele. Noi abbiamo voluto riscoprirlo come miele autoctono. Senza peccare di superbia, ne siamo i promotori, rappresenta la nostra terra. La produzione del miele di Marasca del Carso è a rischio d’estinzione, sia per l’avanzata della vegetazione boschiva che si sostituisce a quella arbustiva e mellifera a cui appartiene il ciliegio di Santa Lucia, sia per l’abbandono, da parte degli sparuti allevatori, dei pascoli magri. Gli apicoltori cercano di preservare la presenza di aree vocate alla marasca, valorizzando un prodotto unico, ma la scarsità di fi oriture e il fragile equilibrio nel Carso rendono complessa la loro l’attività. Dal punto di vista storico, tracce dell’esistenza di questa eccellenza del territorio carsico si trovano in un opuscolo datato 1933, in uno scritto del professor Francesco Blasi, tecnico apicultore della “Cattedra Ambulante di Agricoltura della provincia di Trieste”, che recita “nel Triestino offrono molto bottino gli alberi fruttiferi e le loro varietà selvatiche, fra cui il Pruno di S.Lucia (Prunus Mahaleb) tanto diffuso sul Carso”. Si riferisce alla pianta di ciliegio canino, detto anche ciliegio di S. Lucia. Per quanto riguarda, invece, l’aspetto gastronomico, grazie alla sua composizione liquida derivata dall’alto contenuto di fruttosio, al suo odore e aroma di media intensità, il sapore amarognolo che ricorda quello della mandorla amara o della confettura di ciliegia, il miele di marasca trova abbinamento perfetto con formaggi di latteria turnaria a latte crudo. Ottimo anche sui formaggi erborinati, si presta ad accompagnare anche il Formadi Sôt la Trape, il Morlacco Anfosc stagionato, l’Asiago d’Allevo vecchio ed il Graukäse.