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ANDAR PAR BACARI A VENESSIA

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by Marco Odorico
ANDAR PAR BACARI A VENESSIA

UNO DEI SIMBOLI DELLA TRADIZIONE VENEZIANA APPRODATI ANCHE SULLA TERRAFERMA

Quelle che un tempo, nel periodo della Serenissima a Venezia erano delle piccole vetuste Osterie, dagli odori forti e acri con un lungo bancone in legno e qualche sgabello dove andar a ombre e mettere sotto i denti qualcosa, si sono trasformate a metà ’800 in Bacari o Bacareti, luoghi di deposito e mescita del vino sfuso, che arrivava in botti dal mare o dalla terraferma: nell’antico dialetto veneziano questo termine significava anche far baldoria bacan o bacara, in nome di Bacco dio del vino. Erano piccoli locali, solitamente frequentati da gente modesta e che non poteva permettersi un pasto completo, poi divenuti luoghi d’incontro di gondolieri, mercanti e nobili che spesso si sfidavano a carte tra un’ombra de vin e un cicheto. Nonostante siano passati secoli e girare oggi per Venezia tra masse di turisti e cineserie in ogni dove sia diventato arduo, il fascino e lo stupore che si prova una volta che ci si addentra nella città più bella al mondo non ha eguali: perdersi tra le calli attraversando i 435 ponti che uniscono 118 isolette, separate da 158 canali, percorsi da gondole, barchini e vaporetti come fossero strade e poter ammirare da vicino i diversi stili architettonici di splendidi palazzi e basiliche millenarie, è un’avventura che non conosce tempo.

Alcuni di questi storici Bacari disseminati nei sestrieri – quartieri che sono sei tanti quanti i denti anteriori del ferro delle gondole (Cannareggio, Castello, Dorsoduro, San Marco, San Polo e Santa Croce a cui si aggiunge la Giudecca, il Ponte di Rialto e il Cappello del Doge) – esistono ancora e hanno mantenuto inalterate le stesse caratteristiche di un tempo, regalando ancor oggi un’esperienza sensoriale fatta di gusti, odori e sensazioni che piacciono molto anche ai giovani e proprio grazie a loro, ai veneziani e ai turisti, sopravvivono.

In questa era ipertecnologica e di globalizzazione, può sembrare anacronistico che andar par bacari a Venessia sia uno dei tour molto richiesto alle agenzie viaggi, con offerte e itinerari gastronomici per ogni età. Una tradizione che è una vera e propria istituzione, un punto di riferimento per chi ama frequentare questi antichi locali ricchi di storia e di storie, dall’atmosfera accogliente e informale. Il cibo, piccoli bocconcini a base di fette di pane o polenta farciti con ingredienti tipici della gastronomia veneziana a base di pesce, carne, salumi, formaggi, uova e verdura vengono preparati con semplici ricette ed esposti in vetrina come stuzzichini, aperitivi o un’alternativa alla trattoria. Dai crostini al bacalà mantecato, alle sarde in saòr, seppie in nero, moscardini in umido, alici marinate, aringa, fegato alla veneziana o patè, uova sode con l’acciuga, il misto mare oppure il frittolin e le polpettine per citarne alcuni: ce ne sono per tutti i gusti e si paga a pezzo.

Niente tovaglia né posate: si mangia con le mani, seduti o in piedi anche fuori del locale, il tutto all’insegna della semplicità di un momento indimenticabile tra gusto tradizione e mistero. Il passaparola e le mappe turistiche sono un valido aiuto nella ricerca degli indirizzi per le migliori degustazioni, anche se perdersi nel labirinto dei suoi canali e uscire dal circuito turistico vivendo la città come dei veri veneziani, può riservare belle sorprese. “Ma per un cicchetto perfetto non serve sempre prendere un vaporetto”, si suol dire, infatti si possono trovare delle ottime alternative anche nella terraferma del litorale adriatico e oltre, in alcune osterie e trattorie venete e friulane che offrono gli stessi prodotti da banco con delle aggiunte sfiziose, ma fedeli alla tradizione lagunare: gamberi, canestrelli, capesante, cozze o peoci, nervetti adagiati caldi nei crostini e nella polenta, mozzarelle in carrozza mozza all’aciugheta con verdura in tempura impanata, innaffiati da ombre di vino e spritz in piedi o seduti.

Che sia classico veneziano o gourmet 2.0, il cicchetto deve in ogni caso mantenere le stesse basi di preparazione degli ingredienti affinché rimanga una esperienza di autentica genuinità, semplicità e divertimento.

Mozzarella in carrozza alla veneziana con l'acciuga

Ingredienti:

4 fette pane bianco in cassetta (quadrate)
mozzarella acciughe sott'olio
4 cucchiai di farina 1 uovo
1 pizzico di sale 1 pizzico di pepe
100 ml acqua gassata olio di semi di arachide

Procedimento:

Per prima cosa preparate la pastella: mettete l’uovo in una terrina, rompetelo e aggiungete la farina, lavorate in modo che non ci siano grumi e, solo dopo, aggiungete poco alla volta l’acqua, in modo che diventi bella liscia. Tagliate la mozzarella a fettine e anche le fette di pane a metà, in modo da avere dei rettangoli, sistemate su 4 di questi 2 filetti d’acciuga e una fetta di mozzarella. Ora mettete il coperchio di pane su ogni pan carrè così farcito e pressate bene i bordi. Versate l’olio in una pentola dai bordi alti e portatelo a temperatura. Intingete ogni fetta di pane e mozzarella nella pastella e schiacciate bene i bordi in modo che s’impregni bene di pastella, mettete nell’olio caldo e cuocetele un paio di minuti avendo l’accortezza di girarle. L’olio dev’essere ben caldo per non farle assorbire troppo.

Quando la mozzarella in carrozza è dorata tiratela fuori dall’olio e adagiatela su della carta assorbente per alcuni minuti e poi servitela calda.



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da Marco Odorico

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