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Vini Dealcolizzati

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by Davide Zitter
Vini Dealcolizzati
Photo by Scott Warman / Unsplash

di Liliana Savioli

Alcool o non alcool? questo è il dilemma, nuove amletiche questioni”. Questo era il titolo del convegno di apertura della Fiera di Buttrio (Ud). Convegno moderato da Stefano Cosma, il nostro direttore. Si inizia a disquisire sulle questioni amletiche del tempo che fu, ma si arriva subito alla resa dei conti. Il consumo di vino è passato, in Italia, da 104 litri all’anno nel 1975 a 29,5 all’anno nel 2022. Questa diminuzione a che cosa è dovuta? A vari fattori, tra i quali una maggiore sensibilità verso rischi sociali e sanitari legati al consumo di alcolici, alle campagne sul consumo moderato di alcool, alla ricerca della riduzione del rapporto calorico legato ad uno stile di vita più sano, al consumo in momenti della giornata dopo i quali bisogna mantenere una lucidità produttiva e concentrazione, a condizioni patologiche come l’assunzione di farmaci, alle donne in stato di gravidanza o allattamento, ai motivi religiosi. Tutti questi fattori ci fanno interrogare su la pratica di dealcolizzazione dei vini. Attenzione, stiamo parlando di vini a cui viene tolta, o parzialmente tolta (con l’utilizzo di varie tecniche) una percentuale di acool; non stiamo parlando di bevande analcoliche. Durante il congresso si disquisiva sul perché chiamarli vini, la risposta è semplice: perché sono vini a cui è stato tolto l’alcool come il caffè decaffeinato è un caffè senza caffeina o come la birra analcolica è una birra senza alcool. I vini senza alcool non sono più una nicchia. Un milione di italiani sono interessati a questo prodotto. Negli USA il mercato fa girare un miliardo di dollari all’anno. In Italia ben il 36% degli intervistati si dichiara interessati ai vini a basso contenuto alcolico. Ma qual è l’identikit del consumatore medio di vini dealcolizzati? Da uno studio condotto in Australia, Cina, Germania, Italia, Inghilterra e USA sono: donne, giovani, reddito medio basso, bevitori infrequenti (circa una volta a settimana), livello di coinvolgimento col vino medio basso, attenti alle etichette, dipendenti da alcool. Queste, come molte altre informazioni, le ho ricevute durante un webinar condotto dalla professoressa Maria Tiziana Lisanti Università degli studi di Napoli Federico II sulla dealcolizzazione. In Italia non è ancora consentita la produzione di vini dealcolati e pertanto alcune aziende li vanno a produrre in Germania dove la legislazione prevede l’utilizzo di questi processi. Ma come si dealcolizza un vino? Due sono le teniche principali: la distillazione sottovuoto, distillazione della frazione aromatica a -28°, distillazione della frazione etanoica a -35°. Ricombinazione della frazione aromatica al vino dearomatizzato e dealcolizzato. Oppure la tecnica a membrana per osmosi inversa o nanofiltrazione, con il passaggio dell’etanolo attraverso una membrana (semimpermeabile porosa a differenti livelli di selettività) guidata dalla pressione applicata o dalla differenza in concentrazione tra vino e fluido strippante. Queste tecniche son ben conosciute in Italia e utilizzate solo in determinati momenti storici in cui viene dato il permesso di dealcolizzare parte del vino prodotto in surplus, in annate particolarmente abbondanti di produzione. Ma mi chiedo, togliere gli alcooli ha un effetto nel profilo organolettico del vino? Non ho ancora avuto modo di fare delle degustazioni e pertanto mi devo fidare di ciò che racconta la professoressa di cui sopra: “L’etanolo gioca un ruolo chiave nel profilo sensoriale del vino infatti a livello gustativo: la sensazione di amaro, di dolce, la viscosità, la densità, il corpo, la sensazione termica, la persistenza aumentano con una concentrazione di etanolo più alta. Diminuisce, sempre a livello gustativo, l’astringenza e la sensazione acida con una bassa concentrazione di etanolo. A livello olfattivo la volatilità delle molecole odorose dei sentori erbacei aumentano con una concentrazione di etanolo più alta e quelli fruttati e gran parte delle molecole odorose, diminuiscono con una concentrazione più bassa. Sebbene negli ultimi 20 anni le tecniche di dealcolizzazione siano notevolmente migliorate nel preservare il più possibile la frazione volatile del vino, i vini dealcolizzati subiscono cambiamenti nel gusto e nel profilo olfattivo a causa della perdita di composti sensorialmente attivi, compreso l’etanolo stesso. Queste modifiche sono proporzionali al livello di dealcolizzazione”. Mi sa che non avremo dei grandi vini dealcolati, ma se è questo che chiede il mercato allora è bene che ci sia. Sicuramente non utilizzeranno queste tecniche i produttori di vini di altissima qualità, almeno lo spero.

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da Davide Zitter

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