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L’UA D’ORO un nettare veneziano

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by Tommaso Cleani

Negli ultimi mesi per ben 2 volte sono andata a Venezia e non ho visitato né mostre, né chiese, né palazzi, né alberghi.
Per ben 2 volte sono stata accolta dalle isole minori veneziane.
Sono andata nelle campagne di Venezia a vedere orti e vigneti e assaggiare vini. Questa volta si tratta di Le Vignole (anticamente chiamata Biniola o Isola delle Sette Vigne). Fu un piacevole luogo di villeggiatura veneziano. Settanta ettari di terreno formatosi, come tutte le isole veneziane, dall’accumulo di detriti alle foci dei fiumi, che man mano arretravano e dai residui degli scavi dei canali.
Terreni con basi sassose e stratificazioni di limo, conchiglie, torba, sabbia e argilla. Ovviamente a pochi centimetri si trova l’acqua salmastra della laguna ed è proprio questo, assieme al vento, al sole e alla mano dell’uomo, che crea un terroir unico al mondo. Unico al mondo come la sua posizione con vista sul campanile di San Marco.

E che ci fanno in questo ambiente suggestivo che fu un piacevole luogo di villeggiatura e poi mano a mano abbandonato?
Ci coltivano carciofi, verdura varia e vigne. Fino a pochi anni fa c’era anche una trattoria frequentata dai veneziani veri, i ragazzi ci andavano con i barchini a far merenda. È sempre stata un’isola fuori dalle rotte turistiche; però, per i suoi 60 abitanti e per gli impavidi cercatori di esperienze genuine, il vaporetto n. 13, su richiesta, ha la sua fermata.
Ma perché vi racconto tutte queste cose e perché sono andata a Le Vignole? Il motivo era golosissimo. L’isola, tanto cara ai veneziani e non solo, si anima attraverso un nuovo progetto.
Stesso spazio, stesso mobilio, è la finalità ad essere cambiata: un tempo la storica trattoria alle Vignole accoglieva il pubblico, oggi riapre con una veste del tutto nuova per realizzare un progetto ambizioso che pone al centro sempre e comunque l’amore per l’isola, il rispetto del territorio, della natura e dei suoi abitanti.
Oltre all’impianto di un nuovo vitigno di uva Dorona, nel terreno di 2 ettari adiacente all’ex trattoria, il luogo sarà dedicato esclusivamente ad ospitare eventi, cerimonie, visite guidate e wine tasting.

Cinque impavidi e visionari imprenditori si sono consociati, creando la società Biniole, e stanno dando vita a tutto ciò. Raramente ho visto cinque persone
così felici di presentare il loro progetto.
Protagonisti sono quattro veneziani ed un imprenditore friulano: Antonio Vianello, proprietario dell’ex storica trattoria Alle Vignole, Carlo Zangrando, imprenditore agricolo e anch’esso residente all’Isola delle Vignole, Roberto Boem, titolare di “Destination Venice” di Venezia, Marco Perco, contitolare dell’azienda vitivinicola “Roncús” in Friuli Venezia Giulia, Francesco Ghisini, avvocato veneziano dell’omonimo studio.
Dei cinque conosco solo Marco Perco e lo conosco bene. È stato, e continua
ad esserlo, il mio punto di riferimento dell’enologia del Friuli Venezia Giulia.
Quante cose mi ha insegnato Marco, quanta pazienza ha avuto con me tutte le volte che sono andata o trovarlo a Capriva.
E anche a Le Vignole mi ha spiegato molte cose sulla Dorona, il vitigno autoctono
che viene coltivato in quel lembo di terra.
Un vitigno neutro, tipo la Glera, che però esprime esattamente la sua provenienza.
«Quando sono venuto qui per la prima volta, ho scoperto un territorio da un fascino unico e impagabile. Rimasi affascinato dal sapore delle verdure locali,
minerale e salato, capendo fin da subito che anche il vino avrebbe potuto avere un
sapore unico, custodendo e trasmettendo in sé l’anima della laguna veneta – dice
Marco e continua – la Dorona è un’uva che produce grappoli grandi, gli acini hanno una buccia spessa e un colore dorato (ecco svelato il nome), sicuramente è ideale l’impianto in terreni vulcanici ma qui riesce a mettere nel bicchiere la Laguna di Venezia, e non è cosa da poco. Per far questo non uso lieviti selezionali, non uso contenitori particolari. Acciaio e cemento e lievi indigeni, il resto fa tutto lei. Non ha bisogno di imbellettamenti per rendersi unica, lo è già di per sè. Non abbiamo ancora la possibilità di vinificare in isola, ma lo faremo a breve».

Ma com’è questo nettare veneziano chiamato Ua d’oro (uva d’oro)? Abbiamo assaggiato l’annata 2022. Ha veramente un color oro antico e emana sentori di zafferano, erbe salmastre, uva spina e fieno maturo. Ma è in bocca che si esprime al meglio, con la sua fresca sapidità croccante.
È un vino gentile, educato per bene, che dona dei momenti gioiosi e di questi tempi non è così scontato.

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da Tommaso Cleani

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