La rossa ciliegia. Un frutto ricco di significati
Ciliegia deriva dal latino volgare ceresia che, a sua volta, viene dal greco: l’etimologia è incerta, forse fa riferimento alla città di Kerasunta, sulle rive del Mar Nero da dove, secondo Plinio il Vecchio, Licino Lucullo portò a Roma le ciliegie, intorno al 70 avanti Cristo. Il frutto era già conosciuto e apprezzato dai Greci che dedicarono l’albero di ciliegio ad Afrodite, la dea dell’amore. È soprattutto il vivido colore rosso delle ciliegie ad avere colpito gli antichi: rosso è il colore dell’amore e della passione e, al tempo stesso, quello del sangue e del dolore. In Giappone si narra che gli alberi di ciliegie un tempo erano bianchi ma poi, abbeverandosi del sangue dei samurai morti in battaglia, divennero rosa. Proprio in Giappone i ciliegi sono oggetto di una particolare venerazione e innumerevoli sono le leggende intorno a essi. Nel periodo della loro fioritura, chiamato Hanami, le famiglie vanno a fare dei picnic nelle campagne agghindate dai f iori dei ciliegi. Nella cultura di quel Paese lo sbocciare dei fiori e la loro repentina sfioritura, con la caduta a terra dei petali rosa, simboleggiano il passaggio delle stagioni e la brevità della vita. Nel Paese del Sol Levante a molti ciliegi viene attribuito un nome e sono protagonisti di diversi racconti, come quello dell’albero del 16 gennaio: la storia racconta del samurai Wakemori che da bambino giocava sotto i rami di un ciliegio; divenuto adulto, Wakemori rimase l’unico in vita della sua famiglia e aveva il ciliegio come unico compagno. Quando anche la pianta morì, il samurai si uccise, chiedendo che la sua anima riportasse in vita l’albero. Così, a ogni ricorrenza della sua morte, il 16 gennaio, si dice che l’albero fiorisca, primo tra tutti i ciliegi. Se la tradizione giapponese ruota soprattutto intorno agli alberi e ai fiori, nella cultura cristiana è il frutto a essere protagonista. Il rosso del sangue e la forma di cuore resero le ciliegie simbolo dell’amore di Cristo e del suo sangue versato sulla croce per la redenzione dell’umanità. Le ciliegie si possono così trovare nei dipinti che hanno come soggetto la Madonna e il Bambino, sulla tavola dell’Ultima Cena o della Cena in Emmaus. C’è anche un “santo delle ciliegie”, San Gerardo dei Tintori, patrono di Monza, vissuto nel XII secolo. Si racconta egli si trattenesse in chiesa a pregare fino a tarda ora, infastidendo i custodi che volevano chiudere il luogo di culto. Una sera d’inverno, per persuaderli a lasciarlo rimanere oltre l’orario di chiusura, promise loro un cesto di ciliegie e, benché si era fuori stagione, le consegnò prontamente la mattina successiva. Nella Gran Bretagna medioevale nacque una ballata popolare intitolata “Il ciliegio” – The Cherry Tree Carol – dove si racconta che “Giuseppe era un uomo anziano quando sposò Maria nella terra di Galilea. Giuseppe e Maria attraversarono un frutteto di ciliegie rosse come il sangue e Maria disse: dammi una ciliegia perché dovrò avere un bambino. Allora un grande albero di ciliegio s’inchinò e Maria colse una ciliegia, rossa come il sangue, e mentre Giuseppe camminava sentì un angelo cantare: Questa notte nascerà il nostro re Celeste”. Qualche secolo dopo, sempre dalla Gran Bretagna, ma stavolta dalle onde di Radio Londra, si avvertivano i partigiani che le munizioni degli alleati erano pronte con l’annuncio: “le ciliegie sono mature”. Il Collio è conosciuto, oltre che per il vino, proprio per le ciliegie, in particolare il Brda, il Collio sloveno. Le ciliegie hanno un ruolo importante nella gastronomia slovena e ritornano anche nelle avventure di Erasmo di Predjama, una sorta di Robin Hood sloveno che dal suo inespugnabile castello combatteva i ricchi nobili e donava ai poveri i beni presi agli avversari. Erasmo, sicuro nel suo castello costruito tra le rocce, si faceva beffe dei suoi nemici regalando loro cesti colmi di ciliegie. Non mancano certo i riferimenti letterari alle ciliegie, dal “Giardino dei ciliegi” di Cechov, dove Lubja, il protagonista, grida: “senza il giardino dei ciliegi non ha senso la mia vita”; o il mastro Ciliegia nel Pinocchio di Collodi, fino alla poesia di Bertold Brecht “Il ladro di ciliegie”. Frutto dell’amore e del dolore, della nascita e del sacrificio, soprattutto effimero e dalla breve durata, la ciliegia ci ricorda che la vita passa velocemente e i suoi frutti migliori vanno colti in tempo, con rapidità, prima che, come dice lo stesso nome latino del ciliegio prunus avium, susino degli uccelli, arrivi qualcuno più lesto a portarceli via.
Di Stefano Pizzin