LA LUNA STORTA di Beatrice Pascolini a Ronchi di Gagliano-Cividale
di Claudio Fabbro
È ormai da tempo una felice tradizione quella che consente ai soci del Cenacolo Enologico Friulano, ben presieduta da Gigi Michelutto, di ritrovarsi periodicamente per interessanti aggiornamenti su storia, viticoltura ed enogastronomia. Originale il fatto che le aziende prescelte siano quasi sempre piccole realtà artigianali, situate in zone che definire bandiere, per quanto riguarda la viticoltura eroica, non è fuori luogo. Così è che recentemente una giornata fra filari e botti di legno, con degustazione guidata a seguire, è stata riservata ad una azienda posta in cima ai Ronchi di Gagliano, cui si arriva lasciando alle spalle Cividale, per poi seguire la stradina che porta a Prepotto. Inutile dire che osservare il Vigneto Friuli dall’alto, con una cornice di filari posti in terrazzamenti mozzafiato è emozionante alquanto. Giacitura, esposizione, terre di marna ed arenaria (ponca, per farla breve) concorrono a profumi, sapori, alcolicità naturale, come ben comprensibile anche da un profano. Le radici dell’azienda (curiosamente rinominata “La Luna Storta“) che Beatrice Pascolini (con precedenti importanti nel settore bancario, sia amministrativo che p.r. e comunicazione) ha valorizzato dal 2009 con Loris (noto impresario e viticoltore per amore) risalgono al nonno di lei, Giacomo, e allo zio Amedeo (fra i pionieri del vivaismo viticolo friulano in quel di Gagliano, prima della Grande Guerra!) e papà Gianfranco a seguire, fino al 2002, quando “andò avanti”. La filosofia del poco ma buono, l’amore per la natura e la biodiversità, il biologico di fatto e non di facciata, rappresentano il filo conduttore con cui Beatrice porta avanti il suo gioiello, compendio di storia contadina e di ristrutturazioni in cui non manca il meglio della tecnologia, nel vigneto ma soprattutto in cantina. Basse rese unitarie, viti avanti con gli anni, ma coccolate alquanto, poiché da esse è possibile cogliere una forte struttura (difficile da trovare negli impianti giovani) abbinata a tanta eleganza. Le tradizioni viticole prevalgono sulle mode. Qui l’enoturista non perda tempo per avere Prosecco (da uve Glera), Pinot grigio o Ribolla gialla spumantizzata con un metodo veloce Martinotti (ergo Charmat). Contrariamente a quanto, da una decina d’anni in qua, la maggioranza dei viticoltori ha scelto di fare cestinando la storia, Beatrice ama (e noi con lei) il grande (Tocai) Friulano, il Merlot e lo Schioppettino, da soli o in compagnia (più tecnicamente uvaggio o assemblaggio ed altro ancora). Diversificazione di alta qualità la troviamo, infatti, nell’assemblaggio di Pinot bianco e Chardonnay (Ante Lucem), nel Pepe nero (Pinot nero e Schioppettino) e nello spumante Metodo classico Nocturna Aura, pas dosè (Schioppettino e Chardonnay). Gratuite ironie, sulla ragione sociale e sui rinominati vini fermi e classico si arenano quando Beatrice prende la parola per raccontare aneddoti, motivi e curiosità ed emozioni, cioè il bello ed il buono di una seconda esperienza di vita, cuore e memoria in mano, profondamente diversa da quella seppur importante e gratificante come fu quella lavorativa precedente. Ma lasciamo a Beatrice, un f iume in piena con ottime conoscenze enologiche, presentarci i suoi “Magnifici cinque”!
I MAGNIFICI CINQUE
Friulano, da una vigna centenaria di Tocai piantata dal nonno. Lavorazione “semplice”, essenziale: niente surmaturazioni, macerazioni o passaggi in legno. Solo acciaio per 11 mesi e riposo in bottiglia per altri 7-8 mesi. Ante Lucem, uvaggio Chardonnay e Pinot Bianco, in proporzioni variabili a seconda dell’annata. Subito dopo la fermentazione, metà della massa passa in botte di rovere da 10 hl per circa tre mesi, poi viene riassemblata in acciaio e lì resta fino all’imbottigliamento, che avviene circa 11 mesi dopo la vendemmia. Poi 7-8 mesi in bottiglia, prima di essere messo in vendita. Pepe Nero, assemblaggio di Pinot Nero 60% e Schioppettino 40%. Tutte le lavorazioni, fino all’annata 2022, sono state fatte in legno (botti grandi, non tostate), compresa la fermentazione del Pinot Nero. Non si tratta di uvaggio, ma di blend, poiché le epoche di maturazione delle due uve che lo compongono sono troppo distanti per poterle raccogliere insieme. Merlot, circa metà è prodotto con uva di vecchie viti (quasi come il Tocai Friulano) e metà deriva da viti di 14 anni, cloni della vigna storica. Fa un anno in acciaio e un anno in legno, poi un anno e mezzo-due in bottiglia. Ogni annata è diversa, quindi anche i tempi di affinamento possono cambiare in base alle caratteristiche del vino. Nocturna Aura, spumante metodo classico, pas dosé per scelta e per convinzione, 48 mesi sui lieviti, da uve Schioppettino (Ribolla nera) e Chardonnay. Confermo che il classico 2018, sboccato nel 2023, degustato insieme ai colleghi del Cenacolo, ha lasciato in tutti noi un’impressione memorabile davvero!