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KOMJANC ALESSIO

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by Davide Zitter
KOMJANC ALESSIO

di Marina Stojanović

La famiglia Komjanc ha profonde radici nel mondo del vino che risalgono a metà Ottocento e che sono testimoniate dalla scelta fatta dall’Associazione dei viticoltori e dei frutticoltori del Collio di organizzare, il 26 agosto 1888, una mostra di frutta e vino a San Floriano. Una commissione, venuta da Gorizia per scegliere quali vini inviare alla Fiera di Vienna, ne selezionò uno solo: quello di Florjan Komjanc, apprezzato “per le qualità di un vino buono e perfetto”. Nel 1953 il nonno Giuseppe ottenne il Diploma di Primo premio per la sua “Uva fresca da tavola”, perché “ha figurato bene anche la Ribolla gialla che gode doti apprezzabili anche per il consumo fresco, nonostante che essa rappresenti in alcuni centri della zona collinare la base per la produzione di vini di pregio” scrisse la Commissione. Un altro momento importante è la creazione della nuova azienda a Giasbana, che Alessio Komjanc fece negli Anni ’70, oggi condotta dai suoi figli Benjamin, Roberto, Patrik e Ivan. L’evoluzione però non si è arrestata, ma è in continuo divenire. È Raffaella, moglie di Roberto, ad alimentare la fiamma della “Wein Secession” di famiglia. Decisive sono state le consulenze dell’enologo Gianni Menotti, apprezzato in Italia e all’estero, e di Davide Bevilacqua, creativo grafico di Mumble Design. Si devono al primo i miglioramenti in vigneto, gli oculati interventi sulle piante, come i controlli sull’uva che arriva in cantina in vendemmia e i perfezionamenti delle tecniche di vinificazione. Al secondo va il merito di aver rinnovato l’immagine, le etichette e il packaging. Un gioco di squadra che ha permesso ai vini “Komjanc Alessio” di passare dall’equilibrata bontà all’esuberante eccellenza. «Abbiamo avuto tante soddisfazioni da quando c’è Gianni Menotti – mi confessano entusiasti – ogni passo fatto assieme è stato un bene, un miglioramento. L’altra svolta è stata la nuova immagine grafica, che ci ha fatto vincere il Packaging Award a Verona». Il fascino esterno dei cartoni e delle etichette, unito alla qualità del prodotto in bottiglia, hanno consentito ai fratelli Komjanc di vincere medaglie da Decanter, svariati Award Oro e Rossi da Wine Hunter (MWF), la Corona da Vinibuoni d’Italia, le 4 viti dalla guida dell’Ais, i 2 bicchieri dal Gambero Rosso, i 4 grappoli da Bibenda, alti punteggi su Falstaff, la Gran Medaglia d’oro del Concorso delle Città del Vino e la proclamazione di Vino Top per la Ribolla da Winesurf di Carlo Macchi. «È stato proprio Macchi, anni fa, a consacrare il nostro Sauvignon quale miglior vino del Friuli Venezia Giulia». Scrivendo “fratelli Komjanc” devo assolutamente ricordare il Bratje (fratelli in sloveno), un Collio bianco uscito nel 2015 a un secolo dall’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra mondiale, per sottolineare la fratellanza che c’è oggi. Un blend composto da Ribolla gialla, Friulano, Malvasia e Picolit. «Quando noi fratelli siamo diventati via via maggiorenni, nostro padre ha dato a ciascuno una vigna». Un significato ancor maggiore nel carattere transfrontaliero di GO!2025, con le due città Capitale europea della Cultura, una festa iniziata l’8 febbraio, giorno della morte (nel 1849) di France Prešeren, la cui poesia invita al lieto brindisi che rende fratelli. Fra l’altro fu proprio Alojz Vogric, marito della loro prozia Viktorja Komjanc, a proporre in una riunione diplomatica degli anni ’40 il nome “Nova Gorica” per la nascente città. Ma torniamo al nettare di Bacco! Dal 2020 hanno ottenuto la certificazione Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata), su tutta la filiera, dal vigneto in cantina. «Siamo cresciuti proprio nel periodo di maggior difficoltà del mondo del vino e, grazie alla svolta, stiamo trovando nuovi clienti, a Zurigo ad esempio, e in Toscana, dove hanno organizzato una serata con i nostri vini a Poggibonsi, inserita nel fuori salone del Wine&Siena» mi raccontano Roberto e Raffaella. E Alessio Komjanc? Nel 2000 c’è stata l’entrata definitiva in azienda di tutti e quattro i suoi figli, così l’esperienza e l’amore per la campagna lo hanno spinto a seguire maggiormente un’altra passione: l’olio. Negli Anni Ottanta aveva messo a dimora i primi esemplari poi li ha ampliati f ino agli attuali 2 ettari e mezzo, con 900 piante di varie cultivar: Leccino, Maurino, Frantoio, Casaliva, Grignano, Pendolino, Bianchera e Coratina. La molitura delle olive avviene, sotto il suo occhio vigile, nel frantoio aziendale e da quest’anno l’olio “Oče Aš” – ovvero di nonno Alessio – certificato biologico da Ceviq, è nella guida del Gambero Rosso! Se i Komjanc producessero ancora frutta ed ortaggi, come facevano fino alla Seconda Guerra mondiale esportando in Slovacchia, Germania, Svizzera e Boemia, potremmo preparare un pasto completo con i loro prodotti, condire i piatti con l’olio d’oliva di famiglia e abbinarli ai vini, da quelli classici alla Linea Dedica.

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