I Formentini nell’Ordine Teutonico
Un progetto regionale li racconta
di Corinna Sabbadini
Ci sono nomi di persone, di famiglie e di palazzi che fanno parte del nostro immaginario locale: li abbiamo sempre sentiti nominare, li abbiamo nominati, li abbiamo anche vissuti o visitati, ma spesso non ci siamo chiesti chi fossero i volti dietro a questi nomi, quali storie portassero con sé per avere una piazza o una via dedicata, una scuola o una biblioteca, un palazzo o una villa. E quando poi inizi a chiedertelo e a cercare risposte, quando quei nomi iniziano ad avere non un volto, ma un significato più profondo e storico, cominci a guardare quei luoghi con occhi diversi, più consapevoli e ancora più curiosi. Fra i tanti nomi che raccontano la storia di Gorizia e del goriziano, quello dei Formentini ha tanto da narrare e ancora tanto da esplorare. Se partiamo dai nostri giorni e andiamo a ritroso nei secoli, li troviamo come protagonisti politici e religiosi di questo territorio: il loro castello a San Floriano del Collio è forse il luogo che più li rappresenta, ma a guardare bene, si trovano loro tracce anche in altre località nella nostra regione come Gorizia, Gradisca d’Isonzo, Cividale del Friuli e Precenicco, o Tolmino e Lubiana in Slovenia, per arrivare in Austria e in Prussia (cioè: in quelle località che all’epoca erano prussiane e che ora sono polacche). I Formentini ci portano in tempi e spazi lontani, dove è vero che l’Impero era governato dagli Asburgo, ma è anche vero che l’Ordine dei Fratelli della Casa di Santa Maria dei Tedeschi in Gerusalemme (più comunemente conosciuto e nominato come Ordine Teutonico) aveva sulla famiglia imperiale un influente potere temporale, e quindi anche secolare. Durante i secoli Sedicesimo e Diciassettesimo, numerosi membri di questo casato ricoprirono incarichi di rilievo nella politica, nella milizia e (chi di loro apparteneva all’Ordine Teutonico) nella vita religiosa di un territorio incastonato fra il potere del Patriarcato di Aquileia, quello della corte viennese e quello del papato romano. Fra i Formentini più influenti della storia, ricorderei due cavalieri dell’Ordine Teutonico che hanno rivestito, all’interno della stessa corporazione, ruoli ai più alti livelli – i fratelli Leonardo e Francesco (figli di Panfilo e Cassandra Bellina) – e il loro cugino Giuseppe (figlio di Vinciguerra e Ginevra De Puppi). Il progetto I Formentini tra XVI e XVII secolo: ruoli politici e religiosi nell’Ordine Teutonico e nel Patriarcato di Aquileia, fra Gorizia, Lubiana e la Corte viennese beneficiario di un contributo regionale per la Divulgazione umanistica, ce li racconta (deliberazione della Giunta regionale 1947/2022. Decreto n. 50066/GRFVG del 30 ottobre 2023). Studiando le loro corrispondenze epistolari, è curioso notare alcuni dettagli enogastronomici che riportano questi personaggi illustri a una quotidianità più “ufficiosa” e meno “ufficiale”. Ad esempio, il primogenito Leonardo, che fu governatore dell’Ordine della Carniola a Lubiana (Laibach) prima di diventare Gran Maestro dell’Ordine Teutonico per l’Austria e Consigliere (addirittura!) Imperiale, nel 1569 scrive che «riceveva riserve annuali di denaro e beni naturali sotto forma di “vini dolci” da Laibach; la casa viennese non era nelle condizioni desiderate e lui si lamentò della situazione dell’approvvigionamento perché mancava una cucina». Scopriamo, invece, che Francesco (per molti anni Capitano di Gradisca d’Isonzo, fra le cui lettere sono state ritrovate missive destinate direttamente all’Imperatore) nel 1595 è affetto da potagra ovvero è colpito dalla gotta: questa era considerata “il re delle malattie e la malattia dei re” o “malattia dei ricchi” perché era correlata a un’alimentazione ricca di carne e a un consistente consumo di bevande alcoliche, condizioni che solitamente si potevano permettere soltanto gli individui più facoltosi. Infine Giuseppe (che era Vicario imperiale presso la chiesa di Aquileia, Arcidiacono di Gorizia e fu nominato Vescovo di Trieste, morendo prima di insediarsi) spedisce nel 1594 al Patriarca di Aquileia un fiasco di ribolla e alcune trote, spiegando che non si usavano fiaschi di vetro: «S’avaria mandato, et volentieri, maggiori fiaschi, quando che da noi si usassero li fiaschi di vetro». Gli studi d’archivio possono svelare intrighi di corte, segreti politici, pettegolezzi famigliari e… curiosità enogastronomiche. Dietro i nomi che appartengono a un territorio ci sono le vite conosciute e celebrate dei singoli, ma anche i loro lati più umani e (in qualche modo) più vicini a noi.