GO! PASTA Žlikrofi e i Cjarsons si incontrano

di Marina Stojanović
Gli žlikrofi di Idria e i cjarsons non sono solo due semplici paste ripiene, questi due prodotti sono la tradizione, il passato e anche il futuro. Unici nel loro genere, gli žlikrofi di Idria dalla forma particolare, farciti con un ripieno di patate speziate, cipolle soffritte e lardo; e i cjarsons dalla farcitura segreta e particolare, che possono essere dolci o salati e tradizionalmente serviti con il burro fuso e la ricotta affumicata, sono i protagonisti del progetto “GO! Pasta”: un progetto per valorizzare i due prodotti e creare un legame tra i due Paesi, Italia e Slovenia, la storia e la cultura che c’è dietro a questi piatti, che si assomigliano, ma ognuno con la propria anima. Gli obiettivi del progetto GO! Pasta – finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Fondo per piccoli progetti (Small Project Fund) GO! 2025 del Programma Interreg VI-A Italia-Slovenia 2021-2027, gestito dal GECT GO e ideato dalla Comunità di Montagna della Carnia e dall’Istituto sloveno ID20 – sono quelli di costruire un ponte interculturale ed economico. Per farlo, l’iniziativa transfrontaliera ha deciso di valorizzare il patrimonio gastronomico e culturale dell’Alto Friuli e della regione Goriška attraverso due piatti tipici, i cjarsons e gli Idrijski žlikrofi , due paste ripiene dal carattere unico, ma con alcuni punti di connessione. Il progetto è stato presentato lo scorso 31 marzo nella splendida cornice del Palazzo Lantieri a Gorizia, attraverso un’esperienza immersiva per raccontare e degustare gli Idrijski žlikrofi e i cjarsons dell’Alto Friuli. Gli žlikrofi – descritti per l’occasione dalla scrittrice e storyteller Tjaša Jurman – dalla storia centenaria, arrivano in Slovenia attraverso i viaggi dei minatori dalla Romania. Un piatto tradizionale della cucina casalinga, preparato usando farina, uova, latte e acqua per l’impasto; patate, pancetta e maggiorana per il ripieno. Oggi, non è più un piatto che si cucina solo a casa, ma è diventato un prodotto turistico, simbolo di cultura, piatto tutelato e protetto; sopravvive, diventa interessante e famoso in tutto il mondo perché ha un cuore, una storia. I cjarsons – raccontati dall’agronomo e saggista Enos Costantini – le cui prime testimonianze si hanno dal trecento, erano un cibo dei poveri, si mangiavano per Pasqua, e il loro ripieno “Pistum” generalmente veniva pestato. A inizio Ottocento, diventano un vero e proprio raviolo ripieno di ricotta, pangrattato, uva passa ed erbe. Bisogna arrivare al 1948 per conoscere esattamente tutti gli ingredienti che lo compongono. Tra gli ingredienti ci sono sicuramente molti vegetali: da un’indagine su 200 ricette, una diversa dall’altra, si trovano 23 ingredienti diversi solo nella pasta, oltre 130 ingredienti per la realizzazione del ripieno, e ben 145 menzioni diverse di erbe. La ricotta aff umicata la fa da padrona, assieme alla menta e alla cannella. Dopo le osservazioni storiche dei due piatti, si è passati alla degustazione con un primo assaggio degli žlikrofi tradizionali conditi con salsa di agnello, preparati da Valter Kramar, abbinati al vino da vecchie vigne di Tocai dell’Atelier Kramar (Barbana-Dobrovo), seguito dall’assaggio dei cjarsons tradizionali ripieni di ricotta fresca e aff umicata, mela, menta e cannella, realizzati da Daniele Cortiula, accompagnati al bianco da uve Solaris di Forni di Sotto di Baldovin. A seguire, la degustazione di due ricette rivisitate dagli chef: ž l i k r o fi croccanti rosolati nel burro con il ripieno di patate, cipolla e pancetta presentato all’esterno del piatto (con birra fatta da Kramar assieme a Uroš Rojac); e cjarsons dalla farcitura più aromatica, guarniti con cannella in polvere e bottarga (di aringa). Una vera e propria esperienza tra narrazione e degustazione, che ha coinvolto giornalisti italiani e sloveni, per esplorare il progetto che vuole creare un ponte culturale ed economico comune attraverso la tradizione condivisa della pasta ripiena. Gli ž l i k r o fi di Idria e i cjarsons collegano così le persone, i prodotti e i luoghi, attraverso i confi ni. La pasta con la sua identità diventa linguaggio di cooperazione, oltre ad avere un buon sapore.